Le avventure di Sergy Bi

18 ottobre 2008

Nota dell'editore

Il lettore potrebbe stupirsi che l'editore e l'autore del testo, più avanti pubblicato in questo blog, siano fisicamente la stessa persona.

L'editore crede tuttavia che, grazie alla propria competenza filologica e a trent'anni di distanza dalla redazione del testo, egli sia sufficientemente distaccato da rispettarlo e pubblicarlo nella forma più autentica possibile.

L'intervento sul testo si è limitato alla correzione di palesi refusi e sviste e alla normalizzazione dell'instabilità del manoscritto in un numero finito di scelte grafiche (citazioni, dialoghi, ecc.).

Dal ricordo personale, confermato dall'analisi del testo, la redazione è avvenuta di getto in pochissimi giorni e quasi senza ritocchi. Questo spiega, in parte, gli errori e le incoerenze che si è appunto cercato di emendare per facilitare la fluidità della lettura.

La collocazione cronologica della redazione non è precisa. Manca il dies a quo. Il dies ad quem è il 1 febbraio 1979.

È con l'umile soddisfazione dell'artigiano che l'editore congeda il testo "ripulito" delle Avventure di Sergy Bi sperando di non aver déteint troppo sull'originale.

Roma, 6 ottobre 2008

Sergio Baldelli

Un blog sulla poesia: Du holde Kunst

Nota dell'autore

Ce qu'il faut de malheur pour la moindre chanson
Ce qu'il faut de sanglots pour un air de guitare



Come direbbe il sottotitolo di uno dei più famosi romanzi in lingua inglese, Le avventure di Sergy Bi non erano state pensate per essere pubblicate.
A dire il vero non erano state pensate affatto. Sono state scritte di getto; in pochi giorni. Senza mai tornarci sopra. All'inizio non c'era neanche un titolo.
Cominciai a scrivere spinto solo dal bisogno di esprimere la sofferenza atroce di quel periodo; trent'anni fa stavo attraversando una crisi profonda; il primo grande amore della mia vita cominciava ad incrinarsi; la donna di cui nel frattempo mi ero perdutamente infatuato (non era amore, ma l'ho capito solo più tardi) mi aveva respinto.
Ma la crisi non era solo sentimentale; forse stavo vivendo anche, come una sorta di regain, una crisi adolescenziale tardiva; difficile da capire, da inquadrare.
L'angoscia diventava a volte insopportabile e spesso sentivo un dolore diffuso alla superficie interna degli avambracci.
Mi ero ubriacato al punto di sfiorare il coma etilico e vomitare per giorni.
Non era servito a nulla; passato lo stordimento tutto tornava come prima.
Benché sia sempre stato un lettore accanito e abbia amato profondamente la letteratura, e la poesia in particolare, non avevo mai avuto l'idea di scrivere; come del resto non ho più scritto dopo Le avventure di Sergy Bi.
Fortunatamente fui preso all'improvviso da questo bisogno; e cominciai a scrivere.
Mi sentii meglio; anche se ci vollero un paio d'anni per "guarire". Forse era come se dialogassi con me stesso. Ma siamo hommes de parole e, soprattutto quella poetica, è magica.
Le avventure di Sergy Bi sono le scorie di una sorta di auto-terapia. Le bolle, le pustole, i foruncoli, i brufoli, la suppurazione, lo sfogo insomma di una malattia dello spirito.
Una volta terminate - finirono così come erano cominciate, la malattia aveva perso la sua virulenza, la spinta si era esaurita, non c'erano più tossine da espellere - una volta terminate, dunque, le rilessi e, alcune cose, mi piacquero. Le ricopiai in bella e pensai anche ad un titolo (oltre alle Le avventure di Sergy Bi, Scarecrow e, un po' pretenzioso, Alla ricerca del tempo nascosto).
Feci circolare il manoscritto fra gli amici che apprezzarono; mia moglie (di allora) confesso addirittura di essere gelosa: lei che aveva sempre scritto non aveva mai raggiunto una tale - così le sembrava - freschezza e poesia.
Poi la vita fece il suo corso e Le avventure di Sergy Bi rimasero dimenticate fra la polvere dei cassetti sotto il letto.
Sinceramente non so spiegarmi perché, dopo trent'anni, ho avuto l'idea di pubblicarle. Comunque, eccole qui! (di fatto nel prossimo post).

Due parole ancora.
Le pubblico come sono state scritte. Non modifico nulla anche se oggi trovo alcuni punti stridenti e non mi piacciono le parti "politiche" o "moraleggianti".
Elimino solamente pochissimi brevi passaggi contenenti riferimenti a persone viventi (ripeto: non erano nate per la pubblicazione).

Mi rendo conto che affiorano qua e là varie influenze letterarie fra cui prevalgono quelle di due o tre autori che leggevo molto a quell'epoca (un romanzo di uno di questi è ancora oggi uno dei miei preferiti in quella lingua).

Ebbene, prometto un caffè o una birra virtuale a chi identificherà per primo gli autori sottintesi o, almeno, il più evidente.


Sergio Baldelli

Le avventure di Sergy Bi

driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
driiiin
dream
to dream, - perchance to die
ma se rimanessi a letto? Bah, “la vie est une tartine de merde et il faut en manger un morceau chaque jour”. Sante parole di Lucien (le beau père). Beh, non sono mica così sante. Come minimo un tantino pessimistiche e forse anche un pochettino catastrofiche. Dai Sergio! Stanotte è piovuto il cielo è lavato alzati e cammina. Facciamo scaldare il caffè.

SEMPER DOWLAND SEMPER DOLENS

Non ci sono solamente Pavaen Lachrymae ma anche Gagliarde gagliarde arde rde de
Ma hai visto che purezza nell'aria che fresco pungente nel cielo, sveglia più di un caffè! Se non fosse così tardi andrei a piedi in ufficio

INNSBRUCK ICH MUSS DICH LASSEN

Isaac, Senfl, Finck il trionfo di Massimiliano I; potrebbe anche essere il trionfo della vita sulla morte, del sole sul grigio, dell'amore sulle abitudini, del movimento sull'equilibrio, dell'acqua sulla plastica, della musica sulle statue

PUISQU'IL FAUT MOURIR UN JOUR QUE ÇA SOIT A FORCE DE VIVRE

ma “ai” voce del verbo avere seconda persona singolare si scrive con l'acca o senza? In culo ai grammaticimortiferi! W la vita! Lo scrivo come mi viene. Perché un segno che non corrisponde a nessun suono? Comunque non si rischia più il rogo a violentare le SS vergini Grammatica e Ortografia le figlie dilette della Morte

C'est ma faute
C'est ma très grande faute
Si j'écris giraffe...

Mio dio mi pento e mi dolgo con tutto il quore di avere scritto quore con la Q e ti ringrazio di avermi creato maschio, 1 metro e 72, occhi azzurri ed eterosessuale

ETEROSESSUALITÀ VIRILITÀ
ORTODOSSIA GANZITÀ

le quattro virtù cardinali della società

FIAT-CAROSELLO-RIVERA
DEMOCRAZIA-RESISTENZA & C.

SOCIETÀ PER AZIONI AZIONATA DA
TANTE INNUMEREVOLI PICCOLE RISPET-
TABILI RESPONSABILITÀ MOLTO LIMITATE

Lumachine, lumachine venite, venite a mangiare le foglioline che S. Benito con un solo dito ha fatto spuntare fresche fresche per voi

- Oggi gli è l'anniversario delle Quattro giornate di Napoli.
- All'Ufficio distrettuale vanno via prima.
- E perché noi no? Che siamo i più bischeri.
- Che banda!
- Se n'approfittano perché un c'è più opposizione.
- Vedete ragazzi, eravamo l'unico paese all'interno del MEC che aveva tante feste disseminate all'interno della settimana e poi con la crisi economica che il Paese sta attraversando era uno spreco produttivo assolutamente insopportabile nel quadro dello sforzo di sviluppo che la classe operaia e le forze democratiche stanno conducendo per uscire dal tunnel...

- Avete visto il film ieri sera su canale 98. Certo la Peikberg è sempre un gran bel pezzo di fica.

Una piccola nuvola proprio al di sopra del Monte Vitello si sta dissolvendo dopo aver fatto sfoggio del vestito nuovo di seta bianco

Le donne di Gaeta
Che filano la seta
La seta è troppo forte
Che fa tremar le porte

il sapore dolciastro dei biscotti Mellin, odore di castagne abbrustolite, le campane del duomo, giallo, arancio, salmone, rosso mattone, velluto, le foglie secche dei castagni d'India sulla passeggiata intorno alle vecchie mura
seduti sui gradini di pietra ci strofiniamo castagne d'India raccogliamo la schiuma con un coltello per farci il sapone
proprio a metà di via dei Casceri mi sento male
- Rina sto mæle! 'n ci vojo gi a scôla.
- Ma doppo la tu mâma s'arabbia.
- Sto mæle, sto mæle, 'n ci vojo gi.
- Va béne ma se s'arabbia io 'n c'entro niente.

Le porte son d'argento
E valgon cinquecento
Cinque e cinquanta
La mi galîna canta

- Guardatelo 'l signorino pija 'l tè coi biscottini.
- Milano, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Pavia, Sondrio e Varese.
- Trentino e Alto Adige?
- Trento e ...
- Bolzano.
- Casacci non suggerire
- Ma sor maestro ...
.....

- Ieri sera e sso' andato a cena fori.
- In dove tu sse' stato.
- Alla Trebbia. Ragazzi e si mangia che gli è la fine d'immondo!
- Ma quante carte ci vogliano?
- Mh! E un si spende 'na sega nulla. Sentite il che s'è mangiato. Antipasto: crostini di fegato, affettato, ova sode colla maionese, filetti d'acciughe. Poi e c'hanno portato le penne strascicate, finite le penne, paglia e fieno con la panna e pezzettini di presciutto.
- E di secondo?
- Spetta! Mentre che s'aspettava il secondo e c'hanno portato una bella minestra di pane n'iccoccio. Poi di secondo un bel piattone d'arrosto misto, e c'era maiale, piccione, agnello, faraona, vitella, salsicce, bistecche, fagiano e uccellini.
- Madonna!
- Aspetta. Unn'è finita. Dopo l'arrosto e s'è mangiato delle belle bracioline in salsa e nella salsa c'erano anche funghi freschi. Peccontorno, fagioloni, fagiolini a ippomodoro, fagioli all'uccelletto, patate fritte e 'nsalata. Poi un bel pezzo di parmigiano reggiano, ma di quello bono e un pecorino... ma tu dovevi sentire come gli era. Bono in quel modo e l'avevo mangiato solo 'n casa di contadini una volta che gli ero andato a caccia vicino a Siena. Poi e ci portarono la frutta e il dolce, un millefoglie ma bono! Poi dopo il dolce e s'è preso un gelato al whisky. Il caffè e l'amaro. E sulla tavola ci portarono la bottiglia del cognac. 'nsomma 'ndovina quanto s'è speso?
- Ma... 18 mila lire a cranio
- Ma il chee! E un tucci crederai, e s'è speso 24 mila in due!!
- O in dove gli è 'sto posto e ci voglio 'ndare anch'io, venerdì e son 25 anni che son sposato.
Profumo di gigli, di gigli e di ginestre ma soprattutto di gigli, mi prende allo stomaco, alla testa, tutte le energie se ne vanno, completamente svuotato. Il bianco di gigli, grigio dei vestitini dei ragazzi, bianco della crinolina delle ragazze, il blu di non so cosa, so solo che è lo stesso blu della fascia dell'ufficiale di picchetto. Il percorso è tappezzato di petali di ginestre e di gigli. Bambine di 5-6 anni con ali da angioletto portano in mano dei gigli. Giglio, il fiore di maria, il cazzo del feudatario che esercita lo jus primae noctis, la mazza chiodata del re, le spine del senso di colpa
Mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati...
- Dirai 35 ave maria e 22 pater nostri
- In latino?
- No, in italiano
- Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa...

.....

- Ma che volete favve le seghe voialtri fregni, c'avete 'n cazzino la metà del mi' mignolo. 'l volete vedé 'l mio. Aspetta, aspetta. Guardate che sventola. Sarà 17 centimetri. Oh en' du' palmi. Quando vengo fo' mezzo bicchiere de sborro. Ma se ve l' mettessi 'n culo. Dai che dà gusto...

Fine settembre. Pomeriggio straordinariamente caldo per la stagione avanzata. Il sole è tutto sfuocato. Miopia. L'umidità “a failli être brouillard”. I laurotini del Giardino di Boboli sentono di sperma di catechismo. Braccia pesanti. Vuoto alla testa. Come sono inerti le mie gambe. Com'è debole la vista, lento il cervello. La finestra del bagno è senza vetro. Gli alberi del Giardino di Boboli cominciano ad avere qualche foglia colorata di giallo. Com'è radioso e vivo il giallo delle foglie morte. Il vetro della finestra del bagno è rotto come si fa ad accomod... Il colore dell'autunno, come mi piace. Tra poco le colline di Tifernum saranno calde di arancio e giallo nel freddo di ottobre. Come si può fare per accomodare la finestra del bagno? La finestra del bagno che ha un vetro rotto. Com'è difficile chiedere, domandare. Il vetro è rotto! Il vetro della finestra del bagno. Si è rotto quando il freddo stava per arrivare. Anzi, no! È stato ancora più raffinato nella sua tortura: si è rotto durante il caldo dell'estate e così è passato inosservato. Tanto quando è caldo a che cosa serve un vetro. E ora che il freddo è arrivato all'improvviso ecco che nel bagno la finestra ha un vetro rotto e quando un vetro di una finestra è rotto il freddo entra e ti vengono i dolori alla schiena, al collo, al ventre, attacchi di colite e qualche volta anche la diarrea. Il vetro le sapeva benissimo tutte questo cose ecco perché ha preferito perdere la sua struttura di superficie e trasformarsi in tanti piccoli pezzi pieni di spigoli taglienti. E i topi ci camminano sopra e non si tagliano. Ma io mi taglio. Tutti i piedi tagliuzzati e non riescono a rimarginarsi. E il sangue continua ad uscire. I topi drizzano i baffi e squittiscono pieni di desiderio. E ora con tutto questo sangue che esce sono senza movimento. Le mani non mi si muovono i piedi ancora meno. Come faccio a prendere le misure del vetro? Come faccio a smontare la finestra? A comperare un vetro? A pregare per farmelo tagliare? Se almeno avessi un babbo o un nonno o un marito che lo facesse.
Amare se stesso negli occhi di una donna. Ascoltare la voce dell'amico e sentire la propria voce. Fare l'amore e specchiarsi.

My sweet lady Jane
When I see you again

Usciamo di corsa da scuola. Cavalli impazziti galoppiamo per via della Pendinella e giù per vicolo del Pelagallo. In piazza della Gramigna rallentiamo e cominciamo a fare a bustate. Non sento i colpi dei compagni. Le mie bustate sono senza convinzione. Una vampata di caldo mi sale al viso. Seduta alla macchina da scrivere nel fondo dell'ufficio...Celestina. Pallida. Dolce. Rassegnata. Dimessa. Le labbra color di lampone acerbo. Il viso, luna che spunta da dietro le colline. Celestina. Capelli dorati annodati con cura dietro la nuca come nei ritratti del Pollaiolo. Tanti fogli e tempera per tentare di far vivere nella solitudine dell'immensa casa gelida un po' del tuo sorriso riservato e malinconico. Vorrei dirti che ti amo ma non ci riuscirò mai. E poi io ho 12 anni e tu 24 e sei fidanzata ufficialmente e presto ti sposerai. Ma ti amo lo stesso. Forse è proprio per questo che ti amo. Per la follia che rappresenta agli occhi degli a altri, della società, delle norme. Tu stessa, se lo sapessi, mi rideresti in faccia. Ma ti amo lo stesso e non ho paura di amarti. Non ho mai avuto paura di amare, di volere, di fare le cose in cui credo. Ma sapere che tu non lo sai. Che presto ti sposerai. Che per te sono solo un ragazzino di 12 anni che scrive racconti polizieschi e dipinge ritratti di donna a gouache. Sapere che mai potrò carezzare i tuoi capelli o sentire il lampone acerbo delle tue labbra è terribile. Neanche nei singhiozzi, sollievo.

Atene, Atene mia

- Mi dia 2 etti alcol puro per fare i liquori.

È forte da bere l'alcol puro ma non ha il sapore disgustoso dei liquori. È puro senza sapore. Le colline della Montesca e di Sant'Angiolino si confondono sempre di più nella bruma dorata. È l'estate di San Martino. Le foglie arancio dei castagni d'India cominciano a muoversi sotto i miei piedi. Si muovono piano, subdole e ridono. Si fanno l'occhiolino. Il loro movimento, parabolico-rotatorio, è molto lento, ma continuo, imperterrito. Comincio ad affondare nel lago di foglie gialle. I piedi non li vedo più. Non ho più punti d'appoggio. Bisogna che raggiunga quell'isola laggiù. La terra ferma. Prima che le foglie gialle mi inghiottiscano completamente.
Daniela perché non torni?
- È il nipote del professor Baldelli. S'è ubriacato e ha sbattuto la testa contro un lampione.
Ora è freddo. L'estate di San Martino non riesce più a scaldarmi. Solo il sangue che mi esce dalla fronte è caldo.

- Sali in macchina! Deficiente!

- Avessi messo al mondo una vipera! Delinquente! Delinquente! C'ha colpa Cristo che 'n c'ammazza tutti. Un fulmine! Oddio la mi' testa. Oddio la mi' testa. Oddio. Oddio. Oddio. Ma che ho fatto per avere un figlio così. Oddio la mi' testa, mi si spacca! Vado via! Vado via! Fatemi andare via!
- Mamma calmati lo sai che non è del tutto normale ma non è poi mica così grave.
- Come! Un ragazzino di 12 anni che si ubriaca in piena città. Tutti lo vedono. Lo zimbello. Eccolo! Ma poi i commenti li sento io. Delinquente. Delinquente...

Delinquente, delinquente. 2 etti di alcol. 2 etti di alcol in una piccola graziosa bottiglia dell'estratto di camomilla. Delinquente. Come sono belle le bottiglie dell'estratto di camomilla. Sembrano bottiglie d'altri tempi. Delinquente. Celestina. Delinquente. Celestina. In un letto in alto mare alla caccia di Moby Dick. Delinquente. Il mare si gonfia sempre più nero. Delinquente. Ecco affondiamo. Io solo con io, in un letto, a caccia della balena bianca.

MOTOR OIL COMPANY

Il cielo è tutto grigio. Il cielo è grigio dovunque guardi. Il cielo è grigio ma se guardi bene ci sono tanti grigi. Quando guardi l'interno di un guscio d'ostrica è grigio ma se guardi bene sono tanti grigi. Tutte le sfumature. Piove. Piove dovunque guardi. Le case, viste attraverso la finestra dell'ultimo piano sembrano enormi bastimenti nel porto di Amsterdam o di Bristol. Ma la mia nave non si muove. Non si muovo la nave è profondamente ancorata al quotidianolavoroumanodisumano. Lunedì, martedì...
Guardando bene, un cielo grigio di pioggia di autunno non è uniforme come un foglio di carta o il soffitto di un appartamento costruito da poco. Guardando bene, tutto un mondo vive e si muove in un cielo grigio di pioggia d'autunno. Qua e là qualche nuvoletta si perde e galleggia da sola fuori dal branco ed ogni nuvoletta sperduta ha un suo colore particolare: grigio perla, grigio vapore di locomotiva, grigio tetti d'ardesia, grigio capelli di vedova, grigio topo, grigio mucca di montagna, grigio dell'Oceano Atlantico, grigio..., grigio..., seppia, pietra, vescica...

TUBA MIRUM

- Mamma piove, che posso fa'?
- Gioca col Meccano.
- 'n ho voglia.
- Gioca col Pongo
- L'ho finito.
- Alora prendi 'n foglio e disegna coi pastelli.
- No. 'n me dà gusto.
- Alora va all'inferno. Troppi giocattoli c'hai ecco perché 's se' mai contento.

Et la mère efface sur le sable
Les pas des amants désunis

Nuvole. Nebbia. Bruma. Foglie di ippocastani, arancio. Di quercia, gialle. Rosso ruggine, di olmo. Colline evanescenti. Riflessi di rivoli d'acqua. Argento patinato dal tempo. Nobili veneziani alla corte di Elisabetta I.

GOD SAVE THE QUEEN

Dover. Hounslow. London Airport
- To have here or to take away?
- To have here, please.
Grigio. Piove in Richmond Park. Verde. Verdi. Blu petrolio.

BIRMINGHAM SMALL ARMS

- That's a bad motorbike.

Umbria verde Inghilterra. Simonetta. Grigio. Tovaglia di rito cattolico. Preghiamo per quelli che sono in cielo.

- Our father...
A B C

Ti amo o non ti amo? Amo te o ciò che Sergio racconta di te a Sergio. Domanda vera. Angosciante. In Richmond Park come al Giardino di Boboli.
Mi piace la pittura o è la pittura che mi deve piacere? Mi piace Ockeghem o mi piace il piacermi di Ockeghem?

- Have you ever read Petrarca?

Solo e pensoso...
Chiare fresche...
And so on

CALEYDOSCOPE

On n'est pas sérieux quand on a 17 ans...
Sergy Bi aveva 13 anni. Sergy Bi andava pazzo per i vestiti all'inglese e per le camicie di seta e per i panciotti di seta. A Sergi Bi piacevano particolarmente i panciotti di seta viola e pull over di cashmere color senape.
Sergy Bi era pieno di risorse e un giorni si mise a leggere il manuale operativo della Borletti-automatica-zig-zag-punto-magico e a frequentare la bottega del sarto di famiglia. E così imparò a tagliare e a cucire e cominciò a farsi panciotti di seta gialla, viola, ciclamino e camicie con il davanti inamidato.
Sergy Bi aveva un grande sogno: avere uno smoking. Ma uno smoking costa una cifra favolosa. Ma Sergy Bi era pieno di risorse e così comprò una stoffa nera d'occasione. E la prese con quattro soldi. E poi comprò il taffetà per le fodere. E lo comprò viola. E andò a farsi tagliare una giacca dal sarto amico di famiglia. E, chiedendo un po' qui guardando un po' là e facendosi aiutare si cucì una giacca da smoking. E poi comprò la tintura Super-iride e tinse i pantaloni buoni di nero. Poi, siccome Sergy Bi era pieno di risorse, con un ritaglio di taffetà viola si fece un magnifico nœud papillon e tutta la città vide Sergy Bi andare al ballo del veglione tricolore con un meraviglioso smoking foderato di viola. E Sergy Bi tocco ancora una volta il cielo con un dito.

Devi cercare uno stelo d'avena selvatica che non sia ancora diventato giallo. Poi, dopo averlo staccato senza romperlo facendolo scorrere contro verso fra il pollice e l'indice ripiegato togli tutti i frutti e i rametti secondari. All'estremità devi fare un nodo scorsoio e con questo, nello giornate assolate d'estate, quando il caldo toglie il respiro verso le due del pomeriggio, ti avvicini con estrema prudenza, in punta di piedi, cercando di fare meno rumore che puoi, ti avvicini a qualche vecchio muro fuori della città e là, con un gesto preciso, infili cappio nella testa della prima lucertola che ti capita e poi tiri. La caccia non è grossa ma è appassionante. Poi, quando, dopo un'oretta di agonia, la bestia sarà morta, con lametta e molta attenzione comincerai a spellarla e se sarai accurato e preciso otterrai una bellissima pelle di Lacerta muralis, simile nella forma a quelle di coccodrillo che si vedono nei fil di Tarzan.

Tre nazionali senza filtro
Trenta lire di semi
Cento cinquanta lire di cinema
Tre ore di fumo, rumore, urla.

Verso le sette piove quando esco. Mi fa male la testa e sento un'insoddisfazione colpevole. Sono arrivato a casa.
Ore passate nel pomeriggio, con la fionda in mano, ad aspettare che i topi uscissero dal buco. I topi e la polvere hanno lo stesso puzzo. I topi e i frati hanno lo stesso colore. San Bendetto, San Tommaso d'Aquino, San Francesco d'Assisi e il più santo di tutti: Sant'Ignazio di Loyola..

GRANDE SANTA MADRE CHIESA CATTOLICA ROMANA

La mano grigia del ricatto ha colpito ancora. Chi non è con me è contro di me. Tutto mio. Tutto mio.
Love is money
Love is property
L'amore, per molti, per i più, è la proprietà privata
Amo la MIA macchina
amo la MIA casa
Amo la MIA moglie
amo i MIEI figli
Non dicono
Amo Francesca
amo Giovanni
amo Lucia
voglio bene a Luigi
amo Cecilia
amo Sergio
amo Ancilla

Francesca, Giovanni, Lucia, Luigi, Cecilia, Sergio, Ancilla sono esseri meravigliosi nel loro groviglio di passioni, desideri, paure, nei loro sorrisi, incubi, ansie, con i loro occhi vivi. Tante sfumature. Tanti colori di capelli. Tanti modi diversi di dire ciao, di dire vaffanculo.
Ma ha colpito ancor la bieca mano del ricatto, la mano del braccio della morale, delle convenzioni, dei tabù. La mano armata di tutto quel groviglio che è l'ideologia della morte. L'ideologia che il potere utilizza per impedire la libertà. Non con la repressione aperta ma con la sottile quotidiana penetrazione dentro le nostre teste. Fino a farci diventare i poliziotti di noi stessi, i nostri stessi persecutori, i boia della nostra libertà.

MERDE!

Giallo indaco geranio magenta valvola spermatozoo linfolisi amorevole soggetto quando festa finita calembour avendoti sempre ancora quando oggetto fermo immobile nell'acqua del petrolio assoggettato alla morale corrente continua la lotta ferma la vista dell'uno quando fermo solo era invitato entrato amorevolmente sepoltura marrone ciglia tremanti i giunchi della palude rosa sotto le colline vitaminiche a mezza vapore rosso fangoso anguilla del desiderio affumicata dal padre spellata dalla madre derisa dai fratelli gelata dalle sorelle punteruoli e seni gonfi e turgidi sopra un bacinellone di zinco e l'acqua scorre fumante a rivoli sulfurei e ghiandolari.

- Quelle traforate sono molto sportive.

Il ragno nero della colpa, lo scarafaggio de super-io stanno camminando voluttuosamente sulla carne dello scorticato vivo.
Lo scorticato vivo viveva da anni chiuso in una corazza che lo proteggeva da tutte le spine della vita. Solo una volta aveva provato a togliesi la corazza e a passeggiare per il vasto mondo. Era stato terribile! Tutto lo faceva sanguinare. La sua carne era atrocemente tumefatta, indolenzita, piena di ferite. Aveva rischiato di morire e all'ultimo momento aveva avuto appena il tempo di rinfilarsi di corsa nella corazza tirando un respiro di sollievo. L'aveva scampata bella. Mai più sarebbe tornato nel vasto mondo.
E così erano passati tanti anni e chiuso nella corazza lo scorticato vivo passava il tempo tutto preso ai suoi giochi. Senza preoccupazioni, senza emozioni. Tutto era chiaro. Il suo giudizio ineccepibile. La sua Weltanschaung non faceva una grinza. E quando, raramente, gli capitava di pensare alla sua avventura nel vasto mondo, recitava a se stesso, con grande soddisfazione: “...et ses ailes de géant l'empêchent de marcher...”.
E gli anni passavano regolarmente uno dopo l'altro. Senza scosse. Senza emozioni.
Un giorno, nel dare un'occhiata distratta, attraverso la fessura dell'elmo, al vasto mondo giù di sotto, vide una quercia gigantesca, imponente. Si fermò a guardarla e la trovò cosmica e terribilmente viva. E siccome era già autunno, le foglio della quercia avevano tutti i colori. Gialle, velluto, brune, rosse, arancio, verdi. Tutte le sfumature. E sotto la quercia, siccome era anche primavera, era tutto giallo di ranuncoli. E qua e là qualche chiazza rosea di anemoni.
Dopo aver guardato a lungo, lo scorticato vivo richiuse con uno scatto la feritoia dell'elmo e tornò al suo gioco preferito. Stava componendo un ricercare a quattro voci in modo lidio. Ma per quanti sforzi facesse non riusciva a concentrarsi. Nel tessuto della polifonia il movimento delle quattro voci gli evocava qualcosa che non riusciva a fissare ma che lo disturbava...Sì, ecco! Quelle linee sembravano rami. Rami di quercia. Una quercia maestosa. Una quercia del Jura o dello Yorkshire. E le semiminime e le crome diventavano gialle. Giallo butterblume. E le pause rosee. E dalle fessure della corazza penetrava un profumo di erba, di quercia, di sole che lo metteva a disagio. Riaprì la feritoia e la quercia e i prati e i fiori gli si ripresentarono più colorati e più vivi di prima. Qualcosa lo rodeva insistentemente. Cercò disperatamente di capire ma senza risultato.
- E se provassi a fare una capatina nel vasto mondo?
Tutti i suoi programmi, la sua condotta e la sua disciplina, i suoi propositi, tutto vi si opponeva. Ma non riusciva più a giocare. Il ricercare in modo lido languiva miserabilmente alla tredicesima battuta. Freneticamente si tolse la corazza e come ubriaco cominciò a camminare fra l'erba verso la quercia. Era meravigliosa la carezza di tutta quell'erba verde e il contatto con i fiori e tutti quei profumi. E la quercia, sopra di lui, era un immenso sistema spinoziano, ma pieno di vita, di sussurri, di fruscii, di sguardi, di carezze. Ogni foglia viveva, ogni insetto partecipava a quell'immenso respiro collettivo. Guardando il cielo attraverso il ricamo dei rami lo scorticato vivo si addormentò.
Qualcuno gli versava gocce di zucchero fuso sull'addome mentre un esercito di ditischi, con le loro affilatissime mandibole a forma di bisturi, stava riducendo il suo sesso come una spugna. Gli scarabei stercorari facevano la fila per entrargli nell'ano e le formiche rosse ritagliavano lembi di congiuntiva. Si toccò un fianco. Inorridito ritrasse la mano piena di sanguisughe. Un picchio gli scavava un nido nel cranio e un branco di vespe fameliche si accaniva su...

Je sais pourquoi là-bas le volcan s'est rouvert...
C'est qu'hier tu l'avais touché d'un pied agile,
Et de cendres soudain l'horizon s'est couvert

CHITARRISTA PUNK AMMAZZA L'AMICA

Poiché non siamo sufficientemente forti per farlo vivere cerchiamo almeno di ucciderlo nel modo più rapido, netto, chirurgico. È difficile. È molto difficile. Non so se avrò abbastanza forza. È difficile affilare il bisturi, sterilizzarlo sulla fiamma sapendo di doverlo usare sulla propria carne. Carne viva, tumefatta, indolenzita, infiammata, ultrasensibile! Carne sanguinante! Calda, rossa come i garofani del primo maggio quando la classe aveva la coscienza di sé. Quando i proletari, non ancora divenuti poliziotti di loro stessi, osavano lanciare la loro sfida al mondo dei padroni, al mondo dei cannoni, al mondo dei tromboni.

Debout les damnés de la terre
Debout les forcés de la faim...

Oggi, non so per quanto ancora, la nostra vita, la vita di tutti, è cullata dal rassicurante ron ron dei tromboni e i lavoratori mettono all'occhiello garofani di plastica. E il rosso della carne ferita si consuma senza l'eco del rosso dei garofani di lotta. Lotta. Quale lotta? Oggi la mia lotta è cercare di non lasciare impallidire il rosso della carne ferita. Tener viva la piaga, impedire che faccia le croste cullata dal ron ron dei tromboni, rassicuranti, paterni, fallici, mortiferi

THAT'S THE BLOODY BUSINESS OF THE LIFE
THAT'S THE BLOODY BUSINESS OF THE LOVE
LOVE = LIFE
LIFE = LOVE

Uccidiamo la vita per uccider l'amore. Uccidiamo l'amore per uccidere la vita. Uccidiamo lanciandoci a tutto gas nel labirinto dei simboli senza mai guardarli come tali. Lavoro, soldi, famiglia, matrimonio, figli, vestiti, cultura, divertimenti, vacanze, sesso. Ecco solo alcune caselle di quest'immenso gioco dell'oca della fuga dalla vita. E mai che trovi la casella: “Non hai capito un cazzo! Torna a te stesso!”
È per questo che non mi piace il gioco. Ora avete capito voi che mi accusate di essere troppo serio, di non giocare? Il vostro è il gioco dell'oca di cui parlavo prima. Ci ho giocato anch'io ma ora sento che il tempo stringe. Non voglio passare questi pochi ultimi anni a giocare a scansa-vita. Anche se la vita è una piaga rossa che fa soffrire così atrocemente. Questo rosso è l'unico colore che non mi nausea. Il resto è vomito. E quando in questo disperato e doloroso tentativo vi incontro mi illudo che anche voi state cercando di vivere. Che anche voi avete la piaga rossa. Ma poi realizzo che per voi era solo una delle tante mosse del gioco dell'oca.
Eppure non mi do per vinto. So che da qualche parte, nascosto, mimetizzato, c'è qualcuno che non sta giocando. Riuscirò ad incontrarlo prima della fine?

Avete mai guardato nel pozzo di vita degli occhi di velluto di una donna?

Fumo di rami bruciati. Tante persone. Sole velato di fumo. Tante persone sole.
- Inutile dire che noi seguiamo il sistema copernicano...
Mancanza di ossigeno. Asfissia. La bocca non si può aprire. Intorno è tutta acqua. Ancora una volta ci siamo passati accanto senza incontrarci. Tutta acqua intorno. Acqua pesante. La bocca non si può aprire. Chiusa la bocca. Anche quel biondo Michele laggiù cerca incontri. Ma nella sua disperata ricerca, nel suo terribile bisogno trova solo scontri.
L'istrice rizza la coda e il porcospino si appallottola e non si incontrano mai. Vomito. Fiumi di vomito ai miei piedi. L'ho calpestato. Vi ho premuto le mani e ho sentito che non era più acqua ma fondo. La sicurezza del fondo di vomito. Mi ci sono accucciato e raccogliendo tutte le energie ho dato una grande spinta verso l'alto. C'è il sole e l'odore del fumo dei rami bruciati. Ho sempre il sapor della bile in bocca ma sono fuori. Mi sono specchiato nel vomito. Ho visto la mia radiografia incisa nel vomito.
Tutti i verdi dei torrenti di montagna che erano nei tuoi occhi. Vivi come le trote. Ora sono spenti. Si è irrigidita la trota e l'ho imbalsamata. Vetrina del museo di storia naturale. Nei tuoi occhi si muovevano tutti i verdi delle rane di stagno e i verdi delle raganelle sui salici e i verdi dei rospi smeraldini, i verdi accesi dei ramarri. Ora tutto è fermo. Si è spento tutto. Niente più guizzi. Non più sorrisi. Oigres li ha uccisi. Con i verdi ha voluto toccare l'assoluto e ha spento la vita. Ma il braccio armato dell'assoluto ha falciato i germogli verdi della vita. È amaro il sapore della bile. Ma ho toccato il vomindo. Sono di nuovo alla luce, all'aria, fuori dall'acqua. E finalmente, incisa nel vomito, ho visto la terribile immagine assolutomortiferosterilizzatrice di Oigres. Era buio ma credo dovunque saprò riconoscerla.

PERCHÉ SEMPRE VILAZIONE E NON VIOLAZIONE?

- Sì perché Paul Klee è stato il grande filosofo della pittura del '900.
- Sono d'accordo con te, ma bisogna riconoscere che Mondrian ne è il Prometeo.
- Ma Burri! Burri! Burri ha distrutto la pittura intesa in senso tradizionale. Cioè come forma e colore. Burri ha introdotto la materia, ha spezzato i limiti costrittori della pittura classica. Dopo Burri tuto è possibile: suono, sapore, odore, forma, colore, ecc.
- Ma ti rendi conto che ha già dei quadri al MoMa.

Vola, colomba bianca vola...

Paul Klee Mondrian Burri Pollock,
Kandiski Vasarely Braque,
Matisse Picasso Shagall
and so on...

Quanta cultura. Respirata insieme al latte artificiale. [...] Dopoguerra. Arte succhiata col biberon appena uscito dall'utero. Tutti artisti in famiglia. L'arte faceva parte del mobilio. La nonna Stamura. Stamura d'Ancona l'eroina che salvò la città da Federico Barbarossa. Ricamatrice su seta. Nella casa di San Giacomo c'è ancora uno stupendo ricamo da un quadro di Gaugin. Fanciulle indigene sulla riva del mare. Sfumature delicatissime come solo la seta può rendere.
Diglielo tu che tornerò...
Il padre. Dante. Pittore. Scultore. Ceramista. Fotografo. Bellissime fotografie di api sui fiori. Paesaggi con aceri e querce. Suonava anche il violino e la fisarmonica. E come ballava. Tutti i veglioni erano suoi. E sculture di donne. E le sirene affrescate nel salone del circolo che è poi diventato il Salone delle sirene. Disegnate col tratto a filo di ferro. Struttura. Matisse.
L'amore per la natura e lo zio Angelo. A sei anni mi regalò dei meravigliosi libri sugli animali. Scientificamente concepiti non consumistici come quelli di oggi. E a otto anni mi comprò alla libreria di San Sepolcro, l'unica seria nella zona, una enorme raccolta di fiabe russe.
E che mai più la lascerò...
Massimo. Il fratello maggiore. Liceo artistico. Prontissimo a recepire e ad assimilare tutte le ultimissime tendenze dall'arte moderna in quegli anni decisivi. Gli anni di Burri. Anche lui Proteo. Musica, elettronica, ceramica, design, and so on...
[...] Brillante, emancipata. [...] Già al ginnasio mastica Sartre, Kierkegaard, Faulkner e più tardi Adorno.
Quanta cultura ragazzi!
Che poteva fare un ragazzo così svezzato se non dipingere. Studiare al Liceo artistico. Leggere Baudelaire e Sartre a 16 anni. Riconoscere gli autori di qualunque quadro da Cavallini a Cagli.
Noi andavamo al cantiere...
Ma quanto vuoto. Che disperata ricerca di ALTRO. E Sergy Bi scorrazzava lungo il fiume con le peggiori bande del paese, costruendo archi di corniolo e frecce con stecche di ombrello. Così affilate che trapassavano le talpe da parte a parte. Tornei cavallereschi armato di corna di bue come mazza e per scudo ovali di letti di ferro recuperati dai rigattieri. E i cannoncini caricati a polvere da cinghiale, stoppa e sfere d'acciaio. E tutti giù nel fosso per paura che esplodesse. E i fiori di Santa Barbara con barattoli di conserva e carburo di calcio. E i botti con il clorato di potassio e lo zolfo a dosi sempre più grosse fino a rompere i vetri delle case vicine. I bagni nelle buche del Tevere con il pericolo dei gorghi. E la pesca con la balla lungo i torrenti e col tritolo nei laghetti artificiali. E le ruberie nei negozi e negli orti e alle fiere. E i danni alle automobili e le fughe per non farsi prendere. E discorsi su come è fatta la fica. Quelli che l'avevano vista dicevano che era una protuberanza come un cazzo ma più corta e più grossa con uno spacco in cima. Le prime masturbazioni collettive e i rapporti orali e anali con i compagni. E le gelosie e i ricatti. E sempre, il desiderio della fica. Terribile, bruciante e mai vederla. E la paura che Rosaria, Rossana o Rossella con cui giocavo ai difetti e che mi piacevano ridessero dietro.
Pss. Lo sai che deve essere finocchio.
Lieti del nostro lavoro...
Dov'è questo ALTRO? Cos'è? Quando lo troverò?
Altro non è in casa. È uscito. Non c'è mai entrato. Ho impiccato una gallina al camino. Il nodo l'ho imparato in un film di pirati. E ho dato fuoco allo spazzacamino. Le automobiline a scontro e lo zucchero filato. E amaro in bocca la sera. E la confessione. Con la paura che non sarei riuscito a pentirmi con tutto il cuore.
- Hai commesso atti impuri? Toccamenti? Eccetera?...
Ho suonato la tromba in bicicletta nella piazza centrale a mezzanotte. Ho attaccato il cane alla slitta l'inverno che nevicò. Ho esplorato le sorgenti della Scatorbia accendendo il fuoco e cuocendo le uova.
La cagna rossa mi guarda. Vuol giocare con il sasso.
- Tu sola Mirka mi capisci in questa casa.
Neanche nel cane c'è l'altro. E quando s'accoppiava, correvo in lacrime a prendere un bastone per separarli. Mi sembrava che quell'enorme verga rossa di cane penetrasse anche me.
E il campanil din don ci faceva in coro...
Me mea paupertas. Vita acquatica sotto il ponte del fieno quando a notte si accende e escono le serpi dal fondo nero alla luce buia ferma l'estate assommatutto l'uomo della fontana che goccia amore nella chiavica bluastra del tanfo di bara viola Pontormo ferafo audianto quella luccia armatar nel sonno dell'olmo quato ammezzo fieno serato arrasta qui ne meva ziomo farinata amai retro dizoro analisticaferulamente fungazzosami frequentemente somnigliandomaraldinamente azzulazionatoindisparteazzumminafuruumm

C'EST PARCE QUE JE NE
M'AIME PA QUE JE
M'AIME TANT

buia la palude si muove l'essere del salice fra le foglie assimilate alla denicotinizzazione dell'umanità affranta dal dolore per la morte di Rodolfo Valentino. Assume Abelardo la funzione abelina vanne a lungo traverso ghiacci e ice creams home made. Il pesciolino d'argento che ha il nido nell'”Etica” si muove, monade fra le monadi, e fa un grande inchino al pesciolino che dorme nel “Discours de la méthode” che altezzosamente fa finta di non vederlo. Vaffanculo! Tu e Descartes! La gatta bianca sogna di essere una leonessa e un pipistrello siamesi e muove le zampe alate e si alza in volo e va a far visita alle nottole. Pileopistressarello.

CHIUDERE QUESTA PORTA PERCHÉ
DALLA BUCA DELLA VASCA
ESCONO I TOPI
ANTONELLA

Bella bella, bella l'ambiguità. È come bere una tazza di risciacquatura di piatti. Scarecrow. “Mamma guarda” “Sst! Non si indicano le persone con il dito!” Scarcrow, that I am, a scarecrow, a living scarecrow, I prefer a scarechildren. Better still a scare... Ambiguità. Come faccio a esser ambiguo, se ti amo, oppure se ho una gran voglia di stare con te da soli. Uno spaventa-tutti-quelli-che-hanno-paura-del-diverso. “Obscur et froncé comme un œillet violet...”
Ucciderli tutti, tutti quelli che sono già più conformisti dei loro genitori. “Guai al diverso!” Farci dei bei salami, gigantesche mortadelle, ghirlande di salsicce e darle da mangiare ai genitori che non fanno che parlare di mangiare. Ma se mi piaci, se i tuoi occhi non mi annoiano mai, comi si fa ad essere ambiguo e e nello stesso tempo sicuro di sé per darti l'immagine del padre. Ma chi è questo padre? Qualche volta anch'io ne ho sentito il fascino: la foto di Marx attaccata al muro, il manuale di economia politica di Stalin. Ma ero molto più giovane. Erano altri tempi. No! I tempi non contano. Ma insomma, di chi cazzo hai bisogno, di qualcuno che ti ama con tutte le tue contraddizioni, in tutta la tua irripetibilità, di qualcuno con cui sentirti un esser umano, maturo, con le sue responsabilità e le sue debolezze, o di un padre, di un'autorità dove rifugiarti, che ti culli, ti dica cosa fare e poi col tempo gli farai la pipì e la cacca sulla scrivania perché un padre è un padre anche se si chiama giovanni e siete sposati oppure non lo siete e quando fate l'amore sembra che non ci sia incesto. Ma che cazzo vuoi? Tutto scodellato! Tu sei solo uno spaventapasseri. No sono uno scare-ceux qui ecc. ecc. Oggi già eh eh. Verme solitario tenia albicocco in fiore ah ah vaffanculo ah ah ah nero accappato lo scarecrow vaga qua e là, prova e riprova chissà come finirà.
Comunque ho imparato, con diversi casini e i tendini delle mani che mi tiravano, ho imparato a rispettare le tue debolezze, ad accertarti per le tue possibilità, le tue esigenze, la tua voglia di non esistere (esser ma non esistere, ma forse anche non essere). Beh vuol dire che se a te non riuscirà di fare a meno dell'ambiguità o io non riuscirò ad essere ambiguo, beh tanti saluti e per il tuo matrimonio o per il tuo primo figlio, sperando che no sia di quelli che puntano il ditino sullo scarecrow, ti regalerò un'aspidistra.

Lo scarecrow vaga qua e là
prova e riprova chissà come finirà

I pioppi de fiume non ci sono più ma c'erano, alti, si vedevano da lontano e dopo mangiato col caldo che ti secca i polmoni giù verso il fiume attraverso le strade piene di polvere. Il primo ostacolo era una banda di oche furiose rese avventurose dall'essere in tante e dal senso della proprietà. Infatti quel pezzo di strada era privato e ogni tanto il cancello era chiuso e bisognava scavalcarlo. Poi c'era un ponticello di legno dove rimaneva solo qualche tavola e si doveva fare l'equilibrista per andare dall'altra parte. Arrivati al fiume c'era sempre il pericolo d'incontrare qualcuno che conoscesse qualcuno della famiglia e facesse la spia. A volte il cielo era così azzurro che disteso sull'erba rimanevo anche un'ora a guardarlo aspettando che le mutande si asciugassero. Al ritorno la campagna non era più deserta. Il cuore batteva avvicinandomi a casa. Deve sei stato? Con chi? Non sei mica per caso stato al Tevere? A fare il bagno? È affogato uno anche l'altro giorno! Fai vedere se ti rimane il segno dell'unghia sul braccio...

pioppi unghie acqua polvere verde
mutande grigie
stronzi fumanti
salici piangenti
venerei di Milo
contadine che lavorano
sambuco
foglie
seta
il
o

Il viola del cielo ed il grigio delle stelle mescolati all'odore di un magazzino militare non sono sufficienti a soffocare lo squallore infuocato di quando penso ai tuoi occhi e alla forma dei tuoi seni.
- Sergio, per favore!
Lo scarecrow fa paura anche a te. Eppure con un po' di ambiguità o un po' più di coraggio sarebbe stato possibile. Cosa? Conoscersi. Scambiarsi. Tu m'avresti dato il verde di tuoi occhi e l'argento della tua voce e io t'avrei dato lo zolfo bollente di Sergy-Bi e il bruno sepia di Scarecrow. Poi forse avremmo sicuramente preso strade diverse ma saremmo stati diversi.
- Sergio per favore!...No!
- Ma perché?
- Perche sì.
- Perche sì?
- Perché no.
- Ma perché no?
- Perché non è sì!
- Eppure sarebbe stato così bello.
- Non è possibile.
- Ma perché.
- Perché non posso.
- Ma è terribile.
- Non posso farci niente.
- Ma davvero?
- Ci ho provato, non posso...

C'È SEMPRE UNA MANTIDE
NEL FUTURO DI UNA CAVALLETTA?

Varcata la porta del ponte salino le ragnatele esoteriche si incollano al volto e sprofondo nel giallo oro del canto del gallo. Più avanti il disco nero del Sole si alza dal lago di Inania dove nuotano giovani commesse di supermercato con biglie di vetro colorato al posto degli occhi. E là ai margini della foresta polivinilica vive Urkröte il rospo zoppo dalla voce di cornamuto. Appena mi vede si strofina il naso con la zampa e in segno di saluto canta il tema di Malle Symen.
- Dove l'hai imparata?
- A Leida. C'era un'edizione di van Eyck in casa di Spinoza. Ma tu chi sei?
- Sono anche Scarecrow. Ho ascoltato il volo delle libellule innamorate del verde dello Yorkshire e sono uscito dal gioco dell'oca della vita e così mi sono incamminato verso le terre del fuoco freddo dopo che una gazza, uscita appena di prigione dopo aver scontato 15 anni per “diffusione di notizie false e tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico”, mi ha indicato la via fischiando una melodia in modo misolidio. Ed eccomi qua. Ma tu cosa fai qui all'ombra degli alberi polivinilici che della luce del sole lasciano passare solo il viola della pentecoste.
- Siediti Scarecrow e mangia questi filamenti di nebbia che mi sono portato dietro dal Finistère. Passavo di qua durante il mio viaggio verso la terra di Granschmerzen e mi ero fermato per riposarmi un po' sulle rive di questo lago.
Improvvisamente una risata mi svegliò. Era una risata terribile. Formalmente era perfetta, aveva tutti gli attributi della gioia ma mai ho sentito qualcosa di tanto feroce quanto il sentimento che riempiva quella forma. Chi poteva rider in quel modo? Quale essere poteva racchiudere tali ammassi di contraddizioni da soffrire in quel modo?
Ebbene era un fiore, un fiore acquatico. In mezzo a quei giunchi caleidoscopici laggiù c'era una ninfea. Bellissima i suoi petali bianchissimi riflettevano tutta la infinita sinfonia dei verdi delle bolle di sapone al sole di aprile. Ma ogni giorno. Ogno volta che un petalo si dispiegava facendo accorrere tutte le pieridi, le vanesse e persino le sfingi testa di morto dal cuore di ghiaccio, la ninfea con i suoi pistilli pieni di punte aguzze riduceva a brandelli il petalo appena sbocciato e lo gettava in pasto alle tinche della Compagnia di Gesù che se li sisputavano con i Ghiozzi domenicani. Quando anche l'ultimo lembo era sparito nelle gole di quei santi, sulla superficie del lago si spandeva come una nuvola di ipoazotide la risata della ninfea e tacevano tutti i canti degli uccelli intorno, tutti gli strofinii dei grilli, e il brusio delle api e persino il rumore delle onde contro i cristalli di ribes, tutto piombava nel silenzio più assordante. Le prime volte ho creduto di perdere il senso del mio essere.

Coda

Nota dell'autore

I seguenti frammenti furono scritti in "coda" - appunto - alle Avventure di Sergy Bi, nel periodo che va dal 1 febbraio 1979 al luglio 1980.
Evidentemente avevo provato un certo piacere a scrivere e quindi continuai saltuariamente a farlo finché la vena, la spinta o la voglia si esaurirono; oppure fui preso da altre passioni o preoccupazioni.

Gran parte dei brani qui presenti sono il risultato di scrittura automatica a più voci. Insieme ad alcuni amici ci riunivamo e ciascuno, al proprio turno, parlava mentre uno di noi trascriveva. Ho riportato solo le parti da me improvvisate senza intervento alcuno se non la correzione di ovvi refusi.
I rimanenti rari passi furono scritti da solista e quindi hanno potuto subire una certa (poca) elaborazione.

Rileggendoli dopo trent'anni mi appaiono evidenti le influenze di alcuni autori fra i quali alcuni poeti molti amati. Anche in questo caso prometto un caffè o birra virtuali a chi ne identificherà uno o più.
Hint: uno, non il più appariscente, è il poeta lirico che amo di più fra quelli di lingua inglese; gli altri, evidenti, sono un tedesco e un francese.

Buona lettura

Sergio Baldelli

- - - - - -

[1 febbraio 1979]

Nero e grigio di banchi vecchi
Dondolio giallo delle foglie dell'ippocastano
L'azzurro senza fondo affila l'azzurro già tagliente negli occhi
E le ciglia cadono, una una,
E galleggiano in un bicchiere di vodka
E intanto le parole continuano

- - - - - -

La madre marina tuffa avidamente il braccio nel mare materno
E ne ritrae guardandosi intorno una madreperla.
La lecca, la succhia, la mordicchia
E con uno spillo d'ottone la fissa alla fronte
del figlio prodigio.

- - - - - -

Tanfo di ospedali e di globuli racchiusi
Lontano dalle rotaie di una probabile libertà.
E sotto il cielo color vino della caduta, luci di ignoranza.
Già le scorze di limone ormai disseccate,
Tarocchi e idromele, uno stivale di cuoio rosso
E campane domenicali ancora ancora.

- - - - - -

Dietro le iridescenze violacee di vetri consunti
Quercia o olmo. Ma i corvi senza inquietudine sono.
E l'orzo si piega con un gesto di rispetto per il nobile spaventapasseri
Ubriaco di birra e di bianchi seni intravisti fra petali di pizzo
E i grilli tacciono al rumore degli zoccoli del suo cavallo.


[11 febbraio 1979]


Navi farinose in rotta verso confini blu,
Dietro, termosifoni gelidi e acque ammuffite.
Tappi di Coca Cola rossi come fuochi di fonderie
E l'uomo del bar continua da solo...

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Nella borsa galline di festa
E spruzzi di minestra
Il cappuccino sa di naftalina
La notte è nera fino a domani mattina
Vola il verde del fiato fuori della finestra
Quattro aghi azzurri
Quattro coltelli aguzzi
Quattro spiedi roventi
Quattro spade taglienti

- - - - - -

Nello sguardo tangenziale si allineano le vittime viola
del mondo scomparso dietro un sipario cristallino
E le meduse alla fragola friggono i baccelli levulosici
Mentre corre lenta la striscia viscida della clitoride materna
Filando volute di nuvole ammuffite sotto l'ombra fosforescente
Delle strutture falliche consacrate.

- - - - - -

Nell'istante in cui un secondo non è più e l'altro non è ancora
Nel momento in cui la notte non è più e l'alba non è ancora
Nell'attimo in cui non sono più e il nulla non è ancora
Il pavone metaforico sussurra parole asessuate
Il sole petrolifero distende ragnatele d'acqua sulla città invernale
I tuoi occhi si disintegrano in vettori luminosi
E cristallizzano smeraldi sul mio non più luogo

- - - - - -

Fra bivacchi e tonsilliti
Sotterfugi e facchini
Mi involvo a spruzzi
In una pastella pesante e mal lievitata.
Mentre assaporo il fumo asettico
Immagino vagamente la caduta dall'albero di trinchetto
Cuscini di verbena e tiglio
Cumuli venati di verde come letto
Il tempo precipita in un silenzio insopportabile...
Fatìmani-kreisinastèide.

- - - - - -

È lungo la riva del Limeneo che ho incontrato la ragazza dalla pelle d'ortica. Verde e rossa come una mela. Le pupille verticali da animale notturno. Si muove lentamente, non parla. Per comunicare cambia il colore degli occhi: turchese, verde, indaco, nero, pausa, carminio, oltremare, sepia, ciclamino...
Al tramonto, quando la luce è tra cane e lupo, si immerge nel fiume.
Oggi il Limeneo non c'è più; è stato ricoperto, i pioppi tagliati e al loro posto giganteschi condomini.
Ma io continuo a masturbarmi.

- - - - - -

Ovatta follicolare in scatole di ottone appassito
Nei fondi del caffè
Pulsa
Una larva striata di lillà
Disgraziatamente:
Dai camini di pietra e dalle ciminiere di mattoni
Si alza solo uno sguardo di disprezzo.
Voragine di miele cristallizzato
Profumo di peonie
Risuonare di citoles.
Sotto l'occhio competitivo dei catodi,
Attraverso la pioggia rosa.
Dietro:
Emily piscia ale dall'ombelico
Arcobaleno sonoro
Ocra-giallo-arancio-rosso-marrone.
Un battito di gigli, poi:
Immerso fino alle labbra nella tiepida gelatina di groseilles
Le pupille di Valeria e di Lavinia
Lasciano strisce fosforescenti
Dal sapore di ciclamino.

- - - - - -

Sul limite della striscia bianca che delimita l'autostrada dal virus intestinale della zia di Anatole, io sorsi, mi schiusi, assaporai il profumo del gasolio e del kerosene combusti, ebbi pene d'amore per catarifrangenti altezzosi, mi masturbai con bitume e mi stesi al sole di code di ferragosto, e mi riassorbii nella pubblicità di un motel qualunque.

- - - - - -

Un ortottero non più ortogonale per aver dormito nel letto di Locuste scende zoppicando le scale della tromba di Eustachio. Il fondo è buio di caffè. Si siede in un gabinetto alla turca e sorseggiando un tè alla menta e con molto zucchero riflette amaramente su cosa sia quell'essere che sempre per lo più è e cosa non sia quel non essere che mai e per lo meno egli non è. Quando ormai è giunto a buon punto improvvisamente smette di riflettere. Tira fuori dalla tasca una gomma da masticare, getta la gomma nel gabinetto e con la carta stagnola costruisce ripiegandola con molta cura un aeroplano argentato. Si alza (gli stanno venendo i crampi alle ginocchia) paga il tè con l'aeroplano e senza salutare esce dalla porta di servizio.

[9 marzo 1979]

Lontano dal buco della serratura incantato
Un fiore smeriglio si interroga sul percorso del fiume
Il giallo è pesante cado e mi rialzo
Vitamine inspirate sotto la tettoia
Pisciano rosa da tutti i pori
Le vespe mi scambiano per un lampone
Cado e mi rialzo, la riva è vicino
Nel fondo tiepido e scuro i ghiozzi fanno finta di non vedermi.
Cosa sono, beato, nel gorgoglio amniotico?

- - - - - -

Mentre pesanti nuvole magenta si agglutinano,
sotto: nel buio melanzana
guizza l'oro degli ippocampi.
Sstt! Voci vellutate di bassanelli e sordoni sussurrano gli amori delle meduse.
Dall'oscuro e profondo desiderio di morte
Calano silenziose, umide scintille decolorate.
L'anima, giù di sotto, tiepida e uterina
Ribolle al contatto emettendo vapori di Lampone e ananasso.
Pupilla subacquea, bagliori evanescenti. Viti e madreviti. Immergo la mano nel liquido senza storia e sento attraverso i pori odore di zabaione cadaverico.
Un velo violaceo si distende sulla mia cornea: seni gonfi di crema e labbra alla panna escono dall'acqua e danzano, fuori tempo, una sarabanda lentissima.
L'acqua di sotto diventa rossa e mordendomi la labbra sento sapore di sperma.
Osmosi.

[24 dicembre 1979]

Dal fetore stereofonico delle cicche spente
Trapela una scala a chiocciola di fumo
“Hai le mutande pulite?” Dice il grillo.
Ma poi tutto ritorna al continuo funzionamento poliomielitico.
E gli infermieri dalle mani pelose
Custodiscono, in segreto dagli occhi dei bambini,
Il cuore pulsante dello scricciolo,
Al quale hanno fatto depositare le stampelle in guardaroba.
...
Lacrime di impotenza velano gli occhi della civetta.

- - - - - -

Un'osservazione azzeccata animò di rabbia le membra polimeriche dell'angelo dell'Upim che volò nel teâtre-cabaret. Alzò con un gesto prometeico la tenda di velluto indaco e gli spettatori avidi di vecchie novità rimasero inorriditi alla vista di una fettina di salame ungherese che emettendo bagliori lattescenti dai tondini di grasso ripeteva con tono filodrammatico “ La vita non è che un racconto detto da un idiota pieno di urli e di furia”
“Rivogliamo i soldi. Doveva essere un'opera d'avanguardia”.
“Signori”, disse il regista “non avete capito il sottinteso!”

[gennaio 1980]

Ascoltate l'ultima canzone del giullare ubriaco
Prima che penda alla corda con occhi asciutti
Invano poi scriccioli e cardellini gli porteranno nettari profumati.
Nessun fremito percorrerà più la lingua penzoloni
Che raccontava mille leggende
Le dita rattrappite non suoneranno più
Stampite e rotte sulla ribeca panciuta
Solo le contrattazioni dei cittadini in nero romperanno il silenzio
E l'unico canto sarà il Te Deum intorno ai roghi.

- - - - - -

Grigie sono le piume della salvezza
Sanguinose le foglie della vita
Sono fuggito tra le foche e i gabbiani
Ma il ragno era sempre con me.

Ho bevuto tutti i vini della magia
Bruciato tutte le certezze ontologiche
Ho nutrito con amore i batteri della destabilizzazione
Ma sempre il ragno era con me.

- - - - - -

Membrane. Ventose. Fuliggine di cristallo. La salita del monte di venere è cosparsa di silenzi occhiuti. Lunghe lanugini sudate pendono dai cipressi rossi di cancrena mentre la mia immagine triplicata carezza il velluto della tua pelle.
Le stille di sudore colate dai boccioli sanguigni delle tue mammelle riflettono il pervinca delle pupille.
Raffiche di capelli blu graffiano, le mie cornee non più trasparenti mentre annego pesante nella cascata dorata della tua vagina.

- - - - - -

La parole, coulée par le pertuis
du bonheur, se glissait parmi
la foule des cuirassiers endimanchés et les cloches envisageaient une nouvelle destinée.

- - - - - -

Parlé dans l'espace d'une allumette
Je suis tout-à-coup sûr du cercle vicieux
De votre discours. Hurlé, gueulé,
Sussurré, proféré ou chanté
Ça tombe toujours à côté.
Réinventer de nouveaux silences.
Brisés par le frottement d'ailes
De la chauve-souris. Nous nous épuisons goutte à goutte, mot à mot.
Et puis?

- - - - - -

Foche, trichechi e leoni marini
luccicanti d'acqua e di grasso
fra alghe e muschi.
Con i vostri grugniti raccontate gli amori dei delfini, le avventure dei capodogli, le lotte delle orche, le paure delle balene e tutti gli infiniti segreti dell'oceano.
E le vostre parole echeggiano fra i fiordi e sulle isole nei gridi dei gabbiani e delle procellarie.
Poi, a notte, quando la risacca accompagnata dal vento e dal tuono ricopre la vostra voce, gli ippocampi salgono dal fondo a danzare con le meduse nel chiarore delle nottiluche.

- - - - - -

I merli continuano il loro sport
Sordi alle parole melliflue che colano dai vertici dell'assoluto
Mentre sotto la scorza nera dei lecci
La linfa non cessa di pulsare nelle larve dei cerambici.
E le notti di luna i gatti continuano a svanire
Incuranti dei quadrati e dei triangoli.

- - - - - -

Le luci dei tuoi occhi si spengono
Velate dagli iris della palude.
Le cicale trafiggono di spilli stereofonici
Il silenzio delle nuvole e sull'oceano
D'orzo piove oro e alabastro.

Le pieridi nevicano
Bianche sui tuoi capelli e sulle tue
Labbra il sangue
Si congela in sagome verbali.

[luglio 1980]

Inverness

Risate, birra, tacchi di dragoni,
Rulli di tamburi, anatrare di bordoni,
Si smorzano nel silenzio presbiteriano.
Solo i tetti di gabbiani lacerano
L'ovatta celeste delle terre alte.
Nella foresta inchiostro
Si srotolano le corse dei cervi.
I salmoni tracciano nel crepuscolo archi argentati
Sul fiume di piombo.
E la notte, senza luna, i tassi pettinano la radura
Sotto gli occhi fosforescenti dei gufi

- - - - - -

Your feathers are my nights
Your strawberry mouth is my spring
Your voice sings like ebony trees
And all the lights of Samarcanda
Burn in your eyes.

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Ebony woods
Ivory downs
Lightnings of Samarcanda in your eyes
And in your voice shiverings of silver leaves
Drunk of your strawberry wine
I drown into the feathers of the night.

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[Traduzione; da D. H. Lawrence?]

Tu sei come la luna,
La bianca mente brilla sulla tua faccia
Ma l'altra faccia è buia per sempre,
E la luna nera muove anche le maree.

Tu sei come il giorno
Ma sei anche come la notte,
E l'oscurità è invisibile per sempre,
Poiché la luce più intensa getta
L'ombra più scura.